Pesach 5780 (9 - 16 aprile 2020)
La festività di Pesach (o ancora Pasqua Ebraica) cade dal 9 al 16 aprile 2020.
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Il testo della Haggadah per bambini
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Alle origini della festa
Circa
3200 anni orsono Giacobbe, insieme ai suoi figli e alle loro famiglie,
si trasferì in Egitto per raggiungere il figlio Giuseppe che ne era
divenuto viceré.
I
discendenti di Giacobbe divennero assai numerosi, ma non dimenticarono
il monoteismo insegnato loro da Abramo. Ciò creò quella che forse
potemmo definire la prima manifestazione di Xenofobia, diffidenza ed
odio verso i diversi, della storia. Xenofobia che sfociò una vera e
propria persecuzione. Un Faraone, probabilmente di altra dinastia
rispetto a quella del Faraone che aveva elevato Giuseppe alla carica di
viceré, dapprima ordinò che i figli di Israele fossero ridotti in
schiavitù usufruendo gratuitamente della loro opera. In un secondo tempo
dato che essi, nonostante il duro lavoro, continuavano ad aumentare di
numero, diede ordine che tutti i loro figli maschi furono uccisi al
momento della nascita.
Jocheveth,
una donna ebrea della tribù di Levi, non volle sottostare passivamente
all’ordine: prese il bambino e lo mise in un cesto che affidò alla
corrente del Nilo nella speranza che un qualche evento miracoloso lo
salvasse dalla morte.
La
figlia di Faraone vide il fanciullo e, nonostante si fosse
probabilmente resa conto che doveva trattarsi di un bambino ebreo, fu
presa da grande pietà, lo accolse e lo fece crescere a corte come un
figlio. Quel bambino era Mosè: il nome Mosè significa, infatti, “salvato
dalle acque”.
Divenuto
adulto Mosè andava spesso a fare visita e a recar conforto ai suoi
fratelli schiavi. Una volta s’imbatté in un egiziano che, sicuro della
propria impunità, maltrattava un povero vecchio: ne risultò una
colluttazione durante la quale l’egiziano rimase ucciso.
E’
assai probabile che, se lo avesse richiesto, Mosè avrebbe ottenuto il
perdono del Faraone che, pare, gli fosse molto affezionato. Ma forse in
lui stava maturando quello spirito profetico che avrebbe informato tutta
la sua vita: le ingiustizie, la corruzione, l’immoralità che regnavano
in Egitto, soprattutto a corte, lo avevano certo profondamente colpito e
ora aveva bisogno di un periodo di riflessione, lontano dal palazzo
reale, perché la coscienza gli imponeva di rendersi conto di quale fosse
effettivamente il proprio compito e il proprio ruolo nella vita.
Attraverso
il deserto e si fermò a Midian dove prese le difese di sette
pastorelle, figlie di Jetro sacerdote di Midian, dalla prepotenza di
alcuni pastori. Dallo stesso Jetro fu invitato a fermarsi a lavorare
presso di lui. Mosè divenne così pastore, e sposò una delle figlie del
sacerdote midianita, Zippora.
Le
due esperienze, quella di personalità di spicco alla corte di Faraone e
quella di pastore a contatto con gente umile dedita al lavoro, furono
fondamentali nella formazione del suo carattere preparandolo al suo
futuro ruolo di capo, ma anche di padre e protettore del suo popolo.
Fu
proprio durante il periodo in cui Mosè era pastore presso il suocero
che “Dio udì i loro gemiti e vide i figlioli di Israele ed ebbe
compassione della loro condizione” (es. 2, 24-25). Apparve perciò a Mosè
in un roveto ardente che pur bruciando non si consumava, e gli ordinò
di tornare in Egitto per “fare uscire” i figli di Israele dal giogo
degli egiziani promettendogli che gli sarebbe sempre stato vicino, e che
avrebbe inviato al suo fianco il fratello Aharon perché lo aiutasse.
Il
Faraone non prese in nessuna considerazione la richiesta di Mosè di
lasciare andare il popolo di Israele, nonostante questi avesse messo in
guardia della potenza del “Dio di Israele”.
Si
riversarono allora sull’Egitto dieci piaghe con effetti devastanti su
tutto il paese: le acque del Nilo e di tutte le sorgenti dell’Egitto si
trasformarono in sangue; seguì una invasione di rane, poi quella di una
quantità di insetti dannosi. Sopravvenne quindi una invasione di ogni
genere di bestie feroci che fece strage di uomini e di bestiame.
Invano
lo stesso popolo egiziano chiese a Faraone di lasciar libero il popolo
ebraico per ottenere cessazione dei flagelli: in un primo momento il
Faraone premetteva di obbedire alla volontà divina ma, non appena la
piaga cessava, si rifiutava di mantenere la promessa.
La
gravità delle piaghe si fece sempre più intensa: gli egiziani furono
colpiti dalla pestilenza, ricoperti di bubboni, investiti da terribili
tempeste, invasi da una miriade di locuste e infine da una profonda
oscurità che coprì per giorni e giorni l’Egitto senza mai lasciar spazio
a uno spiraglio di luce.
L’ultima
piaga fu terribile: l’angelo della morte, in una livida notte di
terrore, si aggirò fra le case degli egiziani colpendone a morte tutti i
primogeniti, anche quello di Faraone.
Il Faraone fu così costretto, infine, a dare agli ebrei il permesso di lasciare l’Egitto.
I
figli di Israele, dopo aver consumato il sacrificio pasquale – un
agnello col sangue del quale avevano segnato gli stipiti delle loro
abitazioni per segnalarle all’angelo della morte che infatti “passò
oltre” risparmiando i loro primogeniti – si affrettarono ad abbandonare
l’Egitto così come era stato loro ordinato: “E mangiatelo in questa
maniera: coi vostri fianchi cinti, coi vostri calzari ai piedi e col
bastone in mano. Mangiatelo in fretta: è la Pasqua dell’Eterno” (Es
12,11).
Prima
della loro partenza, gli egiziani offrirono agli ebrei doni in oro e
argento, forse come risarcimento per il lavoro gratuito svolto per tanti
anni. Gli Ebrei accettarono i doni e, come vedremo in seguito, fecero
male.
L’Eterno
ordinò che zevach pesach, il “sacrificio pasquale”, fosse consumato la
prima sera di Pesach da tutte le generazioni future, perché mai gli
avvenimenti di allora, così densi di significato e di insegnamenti,
venissero dimenticati.
Ma
gli ebrei dovevano aver costituito, durante la lunga permanenza nel
paese, una colonna portante sia per il contributo di lavoro, sia per
quello delle idee, visto che ancora una volta il Faraone si pentì della
sua decisione: “Che cosa abbiamo fatto a lasciar libero il popolo di
Israele che ora non ci servirà più?” (Es 14,5).
Alla
testa del suo esercito li inseguì per riportarli indietro provocando al
proprio popolo quella che potremmo definire l’undicesima piaga, quella
che probabilmente è rimasta più famosa: l’apertura del Mar Rosso
attraverso la quale gli ebrei raggiunsero salvi la riva opposta, mentre
gli egiziani, che avevano tentato di attraversarla dopo di loro, furono
inghiottiti dalle acque che si richiudevano e affogarono.https://www.comunitaebraicabologna.it/it/festivita/pesach/79-pesach-5780-9-16-aprile-2020
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