UN PRETE DI CAMPAGNA SCRIVE A STILUM CURIAE: NON TUTTO È ABUSO QUEL CHE SI DENUNCIA…

31 Marzo 2019 Pubblicato da 9 Commenti --

Marco Tosatti

Cari Stilumcuriali, un prete di campagna, parroco d tre paesini, per inviarci una sua riflessione in tema di abusi sessuali. Una riflessione che giudico interessante, anche nei punti in cui è critica verso alcune posizioni assunte da Stilum Curiae. Buona lettura.
Egregio Dottor Tosatti,
da parecchio tempo seguo il suo blog, di cui condivido molte preoccupazioni e perplessità sullo stato attuale della Chiesa.
Tuttavia, non mi trovano pienamente d’accordo alcune posizioni da lei espresse riguardo al tema degli abusi sessuali.
Infatti, a mio avviso, da circa vent’anni assistiamo – perdoni il gioco di parole – ad un abuso della parola “abuso”.
Un tempo l’espressione “abuso sessuale” o ancor più “violenza sessuale” significava inequivocabilmente aggredire qualcuno per costringerlo con violenza e/o minacce ad un rapporto sessuale: in poche parole, significava stupro.
Esistevano, poi, nel nostro Codice penale, gli “atti di libidine violenta”, per significare tutte quelle azioniche, pur non essendo stupro, comportavano una violazione della libertà sessuale della persona(toccamenti, palpeggiamenti eccetera).
Poi, il furore femminista è riuscito ad imporre l’idea che tutti gli atti che, in qualunque modo, coinvolgono la persona contro la sua volontà in questo ambito sono da considerarsi “violenza sessuale”, mettendo di fatto sullo stesso piano lo stupro e la pacca sul sedere.
Diceva molto bene Gianni Baget Bozzo nel suo libro L’Anticristo che “(…) nel femminismo il principio di alterità è divenuto il principio del conflitto, poiché esso considera che tutto ciò che l’uomo ha costruito nella società di cui esso è stato il centro sia stato costruito contro la donna. La lotta dei sessi si sostituisce alla lotta di classe, il principio di trasformare la differenza in conflitto è il principio anticristico che tende a trasformare il contrario nell’ostile e a fare quindi della negazione il principio stesso della vita.”
Nelle culture tradizionali, perché la donna non fosse molestata, si tendeva a consigliarle di mantenere un atteggiamento che non sollecitasse le voglie maschili; poi, con la rivoluzione sessuale, di cui una parte del femminismo è stato l’artefice, si è sancito il principio che la donna poteva vestirsi e comportarsi come una puttana senza che questo potesse essere considerata un’imprudenza.
Quest’ultimo punto è particolarmente interessante, perché svela il principio che informa la morale “laica” (ammesso che ne esista una): la libertà da qualunque vincolo esterno. Punto. Puoi fare ciò che vuoi del tuo corpo (sesso, aborto, eutanasia, prostituzione e chi più ne ha più ne metta), purché tu sia “libero”.
Intendiamoci bene: non voglio giustificare in alcun modo i comportamenti pecorecci e nemmeno voglio dimenticare il fatto che spesso i processi per violenza carnale si trasformassero in una farsa in cui la vittima doveva rendere conto se avesse provocato o meno il violentatore o se avesse provato godimento.
Però, non posso nemmeno accettare il principio propugnato, ad esempio, dall’associazione di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, per il quale la donna non si deve mai sentire in colpa per nessuna ragione: ossia, ti puoi ubriacare, girare nuda per strada, ma se ti capita qualcosa la colpa è sempre e solo degli altri: un po’ come i ciclisti: passano con il rosso, vanno in doppia e tripla fila, non usano le luci, marciano contromano, ma se c’è un incidente la colpa è sempre e soltanto dell’automobilista.
Viene cancellato il principio per il quale la vita è sempre relazione e mai individualismo: lo si vede in maniera lampante, ad esempio, nella maggior parte delle leggi sull’aborto, in cui la donna è la “dea” che decide insindacabilmente sulla vita del nascituro. Chabrol, regista laicista, aveva intitolato un suo film su questo tema “Affari di donne”: proprio così, caro Tosatti, la vita del nascituro,secondo l’ideologia femminista, non è relazione, ma affare individualistico della donna.
Anche per questo motivo, noi viviamo in quella che, se la memoria non m’inganna, Jean Baudrillard definiva la società “vittimale”, facendo l’esempio della signora che aveva messo nel microonde il propriocagnolino per asciugarlo e siccome l’animale era morto, aveva fatto causa alla ditta produttrice perché nelle istruzioni non c’era scritto che il forno non era adatto per asciugare i cani.
Questo furore ideologico “liberatorio” ha portato a formulare (in Italia una ventina d’anni fa) delle leggi sulla violenza sessuale in cui è sancita la presunzione di colpevolezza; se qualcuno accusa, ha ragione fino a prova contraria: e così, oggi, è il presunto colpevole che deve arrampicarsi sugli specchi per dimostrare lapropria innocenza.
Certo, si è giustificata questa “innovazione” dicendo che con il sistema precedente molti colpevoli restavano impuniti, ma ottenendo come risultato che almeno alcuni innocenti siano puniti ingiustamente.
In poche parole, si è sovvertito il principio per il quale “meglio un colpevole libero che un innocente in carcere”.
Questo discorso si è esteso, sempre una ventina d’anni fa, ai minori.
E qui il discorso si fa ancora più interessante.
Infatti, questa estensione è perfettamente coerente con il principio di femminilizzazione della società e della famiglia: è il padre che spezza il cordone ombelicale.
Quando feci la mia visita militare in Marina nel 1988, venivano chiamati i ragazzi di 17 anni: a nessuno, a quell’epoca, veniva in mente di considerare un ragazzo di quell’età come un “bimbo” da proteggere, ma giustamente, lo si considerava come una persona ormai alle soglie dell’età adulta.
Poi, si è affermata sempre di più la società degli eterni adolescenti, per cui tutti sono “ragazzi” fino a 40 o50 anni, riuscendo nel miracolo, di cui canta Battiato, di invecchiare senza mai diventare adulti. E allora si èvenuta a creare, accanto a quella delle donne, un’altra specie protetta, quella dei minori, quasi fossero non degli individui appartenenti al genere umano, ma una razza a parte di persone indistinte, cosicché un ragazzo di 17 anni viene, almeno di fatto, considerato meritevole della stessa tutela di un bambino di due; coerentemente con questa visione, si è sancito il superdogma dei 18 anni, non più mera convenzione sociale, ma soglia magica, per la quale tutto ciò che avviene fino al giorno prima è supertutelato, tutto ciò che accade dal giorno dopo è lasciato alla libertà dell’individuo: se ti prostituisci il giorno prima sei il povero minore sfruttato, se lo fai il giorno dopo eserciti la tua libertà; se consumi una birra il giorno prima, tutti devono stracciarsi le vesti, inorriditi, se la bevi il giorno successivo va tutto bene.
A chi ha giovato creare questa sorta di “specie protetta”?
Innanzitutto al movimento omosessuale. Nell’immaginario collettivo, l’omosessuale era considerato un poco di buono anche perché spesso e volentieri andava in cerca di adolescenti (Pasolini docet): quale modo migliore per “santificare” il mondo gay che quello di estendere il concetto di pedofilia fino alla magica soglia dei 18 anni? Se lo fai “prima” sei lo sporco pedofilo e la gente ha un capro espiatorio su cui scaricare la propria riprovazione, se lo fai il giorno dopo sei il santo gay che rispetta la libertà della persona.
Pensiamo davvero che un rapporto adulto/minore sia necessariamente un abuso sessuale? Faccio degli esempi: è più abuso una relazione fra un trentenne e una diciottenne o un trentenne e una diciassettenne?
Che differenza c’è, sotto l’aspetto fisico e psicologico?
Non discuto l’esigenza giuridica di fissare una soglia, discuto il fatto di far passare l’idea che la finzione giuridica coincida con la realtà: l’ideologia del positivismo giuridico, per il quale una cosa è buona o cattiva perché lo stabilisce la legge e non viceversa, impedisce, ormai, qualunque ricerca seria della verità.
E qual è questa verità? E’ molto semplice: esistono adolescenti che effettivamente a 16/17 anni sono ancora molto ingenui, ma ne esistono altri che, a quell’età, già da tempo conducono una vita sessuale disordinatissima: perché devono essere tutelati nello stesso modo? Faccio un esempio: può far schifo cheBerlusconi si portasse a letto Ruby, ma non è certo lui ad averla resa una ragazza, diciamo così, un po’ leggera.
Esiste un bigottismo laicista che fa coincidere la morale con l’osservanza di norme convenzionali stabilite dalla società (18 anni possono esseri pochi o tanti, a seconda del soggetto), ma poi è favorevole a squartare il bambino sopravvissuto all’aborto; e se, un domani, la maggiore età scendesse a 17 anni, costoro sarebbero i primi a considerare del tutto normale ciò per cui fino al giorno prima si stracciavano le vesti.
Venendo a casi concreti – ed è ciò su cui mi trovo in disaccordo con lei – pensa che sia così facile (al di fuori della violenza fisica o di una minaccia grave) portarsi a letto un adolescente? Pensa che lo fosse di più negli anni ’70, ’80 e ’90, quando la repulsione per il mondo omosessuale era molto più forte di oggi?
Come si può accusare, ad esempio, McCarrick di “abusi” su seminaristi già maggiorenni e giovani preti? Che cosa faceva il porporato, saltava addosso alla gente? Li minacciava con un’arma? Non è obbligatorio diventare prete, dal seminario si può uscire. Ancora più discutibile, se riferito a giovani preti. A me pare la teoria di Asia Argento: le attrici erano “stuprate”, perché i registi chiedevano prestazioni sessuali in cambio della carriera: eh no, era induzione alla prostituzione, che ha trovato, dall’altra parte, persone disposte a prostituirsi.
Mi si dirà: magari non erano rapporti, ma molestie: a maggior ragione, il seminarista in questione poteva andarsene e il giovane prete avrebbe avuto più di uno strumento di difesa per far calmare i bollenti spiriti del cardinale.
Io sono prete da molti anni: ho conosciuto adolescenti già “ben messi” fisicamente che se mi fossi permesso di allungare le mani, mi avrebbero spedito al Pronto soccorso (non parliamo di giovani adulti) ed altri meno prestanti che si sarebbero rivolti immediatamente ai genitori.
Io francamente mi sono stancato di sentire la solita storiella dell’adolescente o del giovane adulto che – guarda caso – si “sveglia” per accusare sempre a distanza di molti anni dai fatti (a volte si tratta di decenni), con l’altrettanto solita scusa di non aver avuto la forza di farlo in un tempo ragionevole. Come è possibile ricostruire la verità dei fatti quando sono passati venti o trent’anni? Il diritto latino diceva: lex est vigilantibus, non dormientibus, ossia la legge è per chi è sveglio, non per chi dorme; quando ci renderemo conto che tutto il cosiddetto scandalo pedofilia nella Chiesa altro non è stato che un grande scandalo di omosessualità a cui sono stati cambiati i connotati e, diciamolo un po’ forte, anche un grosso, gustosissimo business per avvocati, psicologi, presunte vittime e loro famiglie?
Il dilagare di vittime su tutto l’orbe terracqueo che Benedetto XVI prima e Francesco dopo si sono affannati ad incontrare, dove erano prima? La polizia e la magistratura esistevano anche venti o trent’anni fa.
Molti dicono “effetto domino”. Siamo sicuri che non sia “effetto bancomat”?
Io sono certo che se alla vittima venisse corrisposto esclusivamente il rimborso delle spese mediche effettivamente sostenute e, al massimo, di quelle che, ragionevolmente, dovrà sostenere le denunce per violenza sessuale calerebbero drasticamente dell’80%.
L’altro grande risultato che questi scandali hanno ottenuto è stato quello di screditare completamente la Chiesa: come fate a sostenere la vostra dottrina morale, se siete soltanto un covo di pedofili?
In questo gioco al massacro hanno avuto un ruolo decisivo le cosiddette associazioni antipedofilia, tutte rigorosamente laiciste e anticlericali, che hanno contribuito a diffondere l’idea, negli anni di Benedetto, che la Chiesa altro non fosse che una enorme centrale della pedofilia. Guarda caso, tutte molto favorevoli all’ideologia gay o, magari, fondate da un gay militante (vedi Francesco Zanardi).
Conosco già le obiezioni: in alcuni casi, siamo di fronte a rei confessi, in altri a fatti accertati (ad esempio, flagranza di reato).
Infatti, non intendo negare l’evidenza, ossia che ci siano stati effettivamente abusi sessuali da parte del clero e che tali azioni non siano state affrontate adeguatamente; intendo, invece, contestare l’isteria collettiva costruita intorno a questo fenomeno, il clima da caccia alle streghe e la spudorata strumentalizzazione del fenomeno dal punto di vista economico e sotto l’aspetto dell’odio ideologico, complice il livore anticlericale di certa magistratura italiana ed estera.
Ancora alcune brevissime osservazioni: leggevo, sul quotidiano “La Verità”, che una diocesi americana di circa un milione e duecentomila fedeli ha pubblicato un elenco di 100 preti nei confronti dei quali sono stati presentati nel giro di alcuni anni denunce fondate di abusi sessuali: come dire che quasi tutti i preti di Torino commettono abusi sessuali, tutti tacciono per anni salvo poi uscire fuori tutti insieme; il Gran Giurì della Pennsylvania scopre 300 casi di pedofilia commessi oltre quarant’anni fa: qualcuno mi spiega dove erano le vittime in questi 45 e più anni e come hanno fatto i magistrati a ricostruire i fatti? E i “bambini” in questione, all’epoca dei fatti, quanti anni avevano? Magari 17 e mezzo?
La Chiesa, caro Tosatti, non è la Spectre di James Bond, ma è piuttosto (purtroppo) un’armata Brancaleone, costituita da molti soggetti fragili, che spesso razzolano male e non da oggi: lo sa che già negli anni ’70 i gabinetti della Gregoriana erano considerati luoghi di “marchette”? Ricorda l’inchiesta dell’Espresso nel ’92 sui luoghi d’incontro gay di preti e seminaristi a Roma, tra i quali figuravano ancora i bagni di quell’Università? E Monte Caprino e i cinema porno dove li mettiamo?
Non si tratta di approvare, giustificare e tantomeno incoraggiare l’immoralità del clero, si tratta di contestualizzarla; sono convinto che di abusi veri, ce ne siano relativamente pochi. Alcuni, purtroppo, conducono una vita largamente immorale che porta come conseguenza il fatto che persone (maggiorenni o meno) che ci “sono state” liberamente si scaglino poi per vendetta o denaro contro il cattivo prete di turno.
Infine, non dimentichiamoci che coloro che oggi si stracciano le vesti di fronte alla pedopornografia (intendo soprattutto la sinistra laica e radicale) sono gli stessi (o i loro figli) che negli anni ’80 deridevano l’onorevole Casini, del Movimento per la vita, quando in Parlamento denunciava l’utilizzo dei bambini nelle riviste pornografiche; quelli che oggi strepitano contro gli abusi del clero sono gli stessi (o i loro figli) che negli anni ’70 e per molti anni dopo, sull’onda della rivoluzione sessuale, incoraggiavano il sesso più squallido tra minori e tra questi e gli adulti (vedi, ad esempio, “Porci con le ali”), sono gli stessi (o i loro figli) che hanno voluto una legge, la 194, che permette ad una ragazzina di 14 anni di abortire senza bisogno del consenso dei genitori e che incoraggia la diffusione dei contraccettivi tra i minori, come fossero caramelle.
Se dai una pacca sul sedere ad una quindicenne, ti becchi cinque o sei anni di carcere, ma se la fai abortire o se fai in modo che la sua vita sia impostata da brava puttanella progressista, ti danno la medaglia.
Infine, tutta la partita sugli abusi, veri o presunti, è stata giocata sempre in difesa, con la preoccupazione non di un’autentica purificazione e di una giusta punizione dei colpevoli, ma con quella di essere accettati dalla mentalità mondana, ossia di “dimostrare” al mondo che stiamo facendo qualcosa (e magari nonfacciamo nulla).
Vorrei, da ultimo, sottolineare che la piaga dell’omosessualità non è solo di marca progressista, ma è ampiamente diffusa anche laddove ci si reputa “tradizionalisti”, con la differenza che nel primo caso è ostentata ideologicamente, nel secondo è coperta dietro a pizzi, merletti e cappelli romani, prontamente dismessi, quando si tratta di andare a caccia.
La ringrazio per la sua pazienza e le chiedo scusa per la lunghezza.
Distinti saluti.



https://www.marcotosatti.com/2019/03/31/un-prete-di-campagna-scrive-a-stilum-curiae-non-tutto-e-abuso-quel-che-si-denuncia/

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