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Morto Caffarra: la "maledizione" di Francesco

Il cardinale dei "Dubia" è morto ieri mattina, improvvisamente e a quanto pare inaspettatamente


È morto ieri mattina, improvvisamente e a quanto pare inaspettatamente, il cardinale Carlo Caffarra.
Viveva a Bologna, di cui era arcivescovo emerito. Aveva settantanove anni. Il 5 luglio era morto l'ottantatreenne suo collega Joachim Meisner, mentre era in vacanza in Germania. Così, scendono drammaticamente a due i cardinali firmatari dei famosi «Dubia»: Raimond Burke (69 anni) e Walter Brandmüller (88).
Visto che quel che li accomuna è un caso spinoso, può darsi che i due ancora in vita si mettano a fare gli scongiuri. Come si ricorderà, i quattro avevano letto ed esaminato l'esortazione papale Amoris laetitia, con cui papa Francesco tirava in qualche modo le somme dei due sinodi sulla famiglia. Avendo trovato alcuni passi a loro giudizio ambigui o almeno non chiarissimi, i quattro cardinali avevano espresso, correttamente in latino, i loro dubbi («dubia») e chiesto spiegazioni all'autore. Il quale, però, non si era degnato di rispondere. Dopo un anno e rotti, stufi di essere considerati - nel frattempo - come «la banda dei quattro» di maoista memoria, i cardinali in questione avevano domandato udienza, cioè di essere ricevuti direttamente per parlare una buona volta della ardua questione. Avranno pensato: mah, forse il papa, indaffarato com'è, non ha tempo di farsi tradurre e leggere i «dubia», perciò incontriamolo «de visu» (anche questo è latino, vuol dire «faccia a faccia») e così risolviamo la faccenda.
Macché. Niente anche questa volta. Ora, non tutti sanno, forse, che il papa ha uno staff «postale» che risponde perfino agli auguri di Natale. E tutti sanno che Francesco, quando gli gira, alza il telefono e, di sua iniziativa, conversa anche con le casalinghe. È chiaro che se non risponde è perché non vuol rispondere. E allora perché non ha mai voluto rispondere agli estensori dei «dubia»? Bella domanda. Avrà avuto i suoi motivi. Il fatto è che anche i quattro avevano i loro, e non di secondaria importanza. Infatti, stanti certi passaggi dell'Amoris laetitia non proprio chiarissimi, alcune conferenze episcopali hanno interpretato in senso, diciamo così, largo la «vexata quaestio» della comunione ai divorziati risposati; altre, come ad esempio quella polacca, hanno interpretato in senso restrittivo. Qual è, allora, l'interpretazione giusta? È proprio ciò che chiedevano i quattro. La non-risposta può essere, dunque, un «quod scripsi, scripsi» (copyright Pilato), ciò che ho scritto ho scritto ed è sufficiente? O una tattica dilatoria? Se lo è, funziona, visto che i quattro sono in breve diventati due. Il più anziano rimasto è Brandmüller, che si avvicina alla novantina. Ciò non toglie, comunque, che se fossi l'altro, Burke, a questo punto toccherei ferro. Non si sa mai.

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