L’ARCANGELO MICHELE

AMIAMO IL CAPO DEGLI ANGELI : L’ARCANGELO MICHELE

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Arcistratega, capo supremo delle milizie celesti, principe degli angeli, campione del Bene e simbolo delle lotta contro il Male nella quale si gioca tutta la nostra esistenza, guida delle anime nell’aldilà, entità dotata di poteri taumaturgici, patrono delle acque, abitatore dei luoghi alti e delle caverne: tutto questo è l’arcangelo Michele, il cui nome significa Chi come Dio? Fin dall’inizio dei tempi l’arcangelo Michele accompagna la storia dell’umanità: lo troviamo a guardia delle porte del paradiso quando Adamo ed Eva ne furono cacciati, sarà lui ad accompagnarci nel grande viaggio nel mondo ultraterreno e a suonare la tromba nel giorno del giudizio. Michele, quindi, è inizio e fine. Fra tutti gli angeli è il più amato, il più presente nella storia dell’uomo, al quale in più occasioni è apparso operando prodigi: il gran numero di santuari, chiese, grotte, torri, ospedali, caserme, cimiteri e cappelle a lui intitolati, inferiore soltanto a quello dei luoghi di culto dedicati alla Vergine Maria, attesta la venerazione che l’umanità da sempre gli porta. E questo sebbene l’arcangelo, non essendo mai vissuto sulla terra, non abbia territorialità ne’ collocazione storica.
I suoi devoti sono stati e sono legione: persone che si riconoscono nelle sue battaglie, impegnate nella difesa dei diritti umani, della giustizia, della natura, dell’arte, della bellezza, della verità – del Bene quindi, in ogni suo aspetto ed accezione.
Michele, allora, come campione e simbolo dell’evoluzione dell’umanità, della sua crescita armoniosa. Di lui abbiamo oggi un crescente bisogno e una inestinguibile nostalgia, poiché Michele è essenzialmente il “Volto” di Dio, colui attraverso il quale Dio – concepito come energia in dinamico divenire – si manifesta.
“Un’apparizione di Michele equivale a un’apparizione della Shekinah (che in ebraico significa ‘presenza di Dio’)”, scrive Henry Corbin, grande esperto di storia delle religioni, nel suo libro Il paradosso del monoteismo.
E continua: “Come rivela il nome (Mi-cha-el, Qui ut Deus?), egli è il doppione, l’immagine (eikon) di Dio, è un essere che appartiene a un ordine eccezionale, infinitamente superiore agli altri angeli e ai santi. Si manifesta al mondo tramite le teofanie, quale un bagliore, un riflesso del Volto divino, come ricorda una glossa medievale (anonima): “Ovunque tu scorga cosa meravigliosa e grande, hai a che fare con san Michele”. Dalla Sacra Scrittura emerge chiaramente la figura di San Michele Arcangelo come vindice della gloria di Dio contro gli angeli ribelli; è oggi Protettore della Chiesa come lo era stato dell’Israele dell’antica alleanza. La sua missione continua nella Chiesa di Cristo per la vittoria su Satana e il male.
Il culto di San Michele Arcangelo, nacque in Oriente ed è un’eredità della sinagoga e si sostituì spesso a culti pagani. In Occidente il culto micaelitico si diffuse maggiormente nei centri che subivano l’influenza Bizantina.
Lo storico Sozomeno, del V secolo, afferma che l’imperatore Costantino, in seguito ad una visione da lui avuta dell’Arcangelo, eresse il celebre santuario dedicato a San Michele presso il promontorio Hestie sul Bosforo. Tale culto a San Michele si sviluppò a tal punto che già nel VI secolo a Costantinopoli e dintorni si contavano una decina di chiese a lui dedicate.
In Egitto i primi cristiani consacrarono il fiume Nilo a San Michele e ancora oggi il 12 di ogni mese i Copti dell’Etiopia celebrano un particolare rito in suo onore.
Anche i Longobardi si fecero promotori di tale devozione angelica, specialmente dopo la vittoria conseguita verso il 662 sulle truppe dell’imperatore Costantino II presso Siponto il giorno 8 maggio.
Lungo la via Salaria a circa sei miglia a nord di Roma, nel quinto secolo venne elevata una basilica in onore di S. Michele, la cui festa era il 29 settembre, data della “Dedicatio sancti angeli“. In questa data con la riforma Liturgica dopo il concilio ecumenico Vaticano II si pensò di far confluire in una sola le altre feste di San Gabriele (24 marzo) e San Raffaele (24 ottobre).
San Michele è certamente lo spirito celeste più importante di tutti e svolge numerose funzioni. Nell’antichità San Michele era associato più che agli esorcismi, soprattutto alla guarigione fisica per mezzo dell’acqua. Le acque hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nella cura delle varie malattie e in modo particolare le sorgenti calde sono state considerate dagli antichi un dono particolare di Dio. Gli ammalati arrivavano anche da molto lontano per immergersi nelle acque calde e pregare per la guarigione.
Secondo gli studi di angelologia di Eileen Freeman, ai tempi di Gesù, gli ebrei credevano che San Michele fosse l’angelo nominato da Dio affinché vegliasse su determinate fonti d’acqua, in particolare quelle con proprietà terapeutiche.
Secondo la Freeman l’associazione di San Michele con la guarigione tramite l’acqua inizia dal fatto che egli è considerato l’Angelo dell’Esodo, lo spirito celeste che condusse Israele attraverso le acque del Mar Rosso e che, quando Mosè nel deserto batté il bastone sulla roccia, fece scaturire sorgenti d’acqua per dissetare il popolo.
Riguardo al potere curativo di certe acque vi è anche la testimonianza del Vangelo di San Giovanni: “V’è a Gerusalemme, presso la porta delle pecore, una piscina chiamata in ebraico Betzaida, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, che aspettavano il moto dell’acqua. Un angelo, infatti, in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto“. I rabbini, generalmente, identificavano in Michele l’angelo del Signore che agitava le acque. La tradizione cristiana ha continuato quella ebraica, dedicando a San Michele le fonti e le acque curative, inizialmente dedicate agli dei pagani.
La prima apparizione di San Michele nell’era cristiana è quella a Colossi, quando in quel luogo fece scaturire sorgenti dalle rocce. A Colossi i pagani avevano diretto un corso d’acqua contro un santuario di Michele per distruggerlo. L’Arcangelo spaccò la roccia in due con un fulmine e diede al corso d’acqua un nuovo letto.
A Pythia in Bithynia ed in altri luoghi dell’Asia, a San Michele erano dedicate calde sorgenti. Presso i luoghi termali dell’Imperatore Arcadio a Costantinopoli vi era una Chiesa consacrata all’Arcangelo dove si festeggiava San Michele 1’8 novembre e tale celebrazione divenne la festa più popolare in
Oriente.
Altra funzione del Santo Arcangelo è quella di turiferario: si è voluto ravvisare in Michele il turiferario delle mistiche visioni di Isaia e dell’Apocalisse: “Venne un angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con la preghiera di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio“. (Ap. 8, 3-8).
Alla benedizione dell’incenso nel vecchio rito della Santa Messa, prima della riforma del Vaticano II, il sacerdote recitava questa formula: “Per l’intercessione del Beato Michele Arcangelo, che sta alla destra dell’altare dell’incenso, e di tutti i suoi eletti il Signore si degni di benedire quest’incenso, e di accettarlo in soave odore“. Il fumo dell’incenso nella liturgia rappresenta le nostre preghiere, quindi nella Santa Messa all’offertorio del pane e del vino, all’Arcangelo Michele veniva­ chiesto di presentare a Dio dall’altare dell’incenso in Chiesa, la preghiera solenne del Santo Sacrificio.
Infine, un’altra importante funzione dell’Arcangelo Michele è quella di essere psicopompo, cioè di fare da conduttore dell’anima dei morti al Giudizio di Dio. Nell’iconografia è raffigurato spesso nell’atto di pesare sulla sua bilancia le anime dei defunti. La Chiesa cattolica ha sempre considerato S. Michele come quel grande angelo protettore presente alla morte. Per molti secoli al momento della preghiera dell’offertorio nella Santa Messa per i defunti la liturgia, dopo aver chiesto che le anime fossero salvate dall’inferno, faceva riferimento a San Michele: “Possa il santo portabandiera San Michele guidarla nella luce santa che tu hai promesso ad Abramo e ai suoi discendenti“.
Nelle litanie a San Michele, l’Arcangelo viene invocato come “aiuto di coloro che sono in agonia, luce e fiducia delle anime all’ora della morte, consolatore delle anime trattenute tra le fiamme del purgatorio”.
San Gregorio di Tours ritiene che sia stato San Michele a presentare a Dio le anime di Adamo ed Eva, come pure quelle di San Giuseppe e di Maria Santissima.
Moltissimi santi e mistici hanno avuto una particolare devozione a San Michele Arcangelo. San Francesco d’Assisi praticava la quaresima in onore di tale angelo; essa inizia i1 14 agosto e termina il 29 settembre. Durante tale quaresima, nel settembre del 1224 sul monte Alvernia, San Francesco ricevette le stimmate.
Santa Giovanna d’Arco fu guidata e assistita da San Michele nella liberazione della Francia. San Francesco da Paola in una visione ricevette dall’Arcangelo San Michele una cartuccia, una specie di stemma, meravigliosamente colorato e circondato da raggi di luce. A luminose lettere d’oro, nel suo centro, c’era la parola Charitas in campo azzurra. Tale parola divenne il motto dei Minimi di San Francesco di Paola. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori scrisse che la devozione a San Michele e agli angeli è un segno di predestinazione e volle l’arcangelo come protettore dei Redentoristi che nella festa di Settembre rinnovano la professione religiosa. Il papa Benedetto XVI, oggi pontefice emerito, all’ordinazione di sei nuovi vescovi avvenuta in san Pietro il 29 settembre 2007, nella sua splendida omelia riguardo a san Michele affermò che egli “ difende la causa dell’unicità di Dio”, contro l’eterna presunzione di chi ritiene che Dio sia un ostacolo alla nostra libertà e del quale bisognerebbe sbarazzarsi. Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata il 29 settembre 2014 a Casa Santa Marta, nel giorno in cui la Chiesa festeggia i Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, ha parlato della lotta contro il diavolo. Satana fin dall’inizio cerca di distruggere l’umanità utilizzando la sua astuzia, seducendo l’uomo; e l’uomo deve lottare sempre, perché se non si lotta, ha detto il Papa, saremo sconfitti. Al termine dell’omelia, Papa Francesco ha invitato a recitare “quella preghiera antica ma tanto bella, all’Arcangelo Michele, perché continui a lottare per difendere il mistero più grande dell’umanità: che il Verbo si è fatto Uomo, è morto e è risorto. Questo è il nostro tesoro. Che lui continui a lottare per custodirlo.

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