Non erano in linea con il Papa: ecco i cardinali “misericordiati”.

I detrattori dell’operato del pontefice insistono molto sul fatto che Papa Francesco sia solito “esautorare” o direttamente “rimuovere” coloro che si oppongono alle sue aperture dottrinali. I vaticanisti “antibergogliani” hanno coniato un termine specifico per questo fenomeno: “misericordiati”, cioè uomini di Chiesa che, mediante la somministrazione della “misericordina”, hanno dovuto abbandonare i loro incarichi o sono finiti ai margini delle logiche vaticane.
La Chiesa promossa dall’argentino, insomma, sarebbe sì “accogliente”, ma solo a partire dall’accettazione passiva delle svolte progressiste. Poca compassione, invece, verrebbe mostrata ai cardinali conservatori, gli stessi che hanno sollevato forti perplessità su Amoris Laetitia, sulla rivalutazione di Lutero, sulla carenza di spiritualità della pastorale bergogliana e così via.
Le disposizioni sull’eucarestia, fanno notare da ambienti tradizionalisti, rientrerebbero nelle competenze del cardinal Robert Sarah, che è il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. La commissione per la cosiddetta “messa ecumenica”, invece, cioè la discussa celebrazione di un rito comune tra cattolici e protestanti, sarebbe stata affidata al cardinale Walter Kasper, appartenente all’ala più progressista della Chiesa tedesca. Quella rappresentata dal cardinale Marx, per intenderci, favorevole ai “viri probati” e all’affidamento ai laici delle diocesi rimaste prive di un sacerdote.
Il cardinale africano in questione, peraltro, è stato anche corretto pubblicamente da Bergoglio sull’interpretazione del Motu Proprio Magnum Principium, riguardante le competenze per la traduzione dei testi liturgici. Sarah, insomma, sarebbe rimasto solo formalmente al vertice della Congregazione di cui è prefetto, ma in realtà sarebbe stato “esautorato”.
“Non lo rimuove solo perché troppo vicino a Benedetto XVI“, osano dire dal fronte tradizionalista.
Il cardinale Mueller, che com’è noto è a sua volta dottrinalmente molto contiguo a Joseph Ratzinger, non è più il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Al suo posto è stato nominato un gesuita: il cardinale Luis Franciso Ladaria. Il cardinale Raymond Leo Burke, ancora, è stato rimosso da Bergoglio dall’incarico di prefetto del Tribunale supremo della Signatura apostolica, cioè della Cassazione del Vaticano. Gli è stato conferito, quasi in sostituzione, il titolo onorifico di Sovrano Ordine di Malta. Burke, come i lettori ricorderanno, è uno dei quattro sottoscrittori dei “dubia” su Amoris Laetita, l’esortazione apostolica del pontefice che ha aperto all’accesso ai sacramenti per i “divorziati risposati”.
Antonio Cañizares Llovera è un cardinale tradizionalista che sta molto “simpatico”, per usare un termine improprio, agli ambienti della comunità di San Pio X. Non è un seguace di Marcel Lefebvre, ma è un sostenitore, come Robert Sarah del resto, della messa in rito antico. E questo sarebbe il motivo per cui Bergoglio lo avrebbe “rispedito” nella sua diocesi d’origine, quella di Valencia. il cardinale genovese Mauro Piacenza, invece, ha dovuto lasciare la Congregazione per il clero, per essere “declassato” a penitenziere maggiore. Questa scelta del papa fece molto rumore dato che Piacenza era considerato da tutti l’erede naturale del cardinal Tarcisio Bertone.
Il cardinale Zen, che è un esponente di spicco della Chiesa cinese, ha recentemente tuonato contro Papa Francesco per due nomine in sostituzione di vescovi legittimi: due esponenti dell’episcopato cinese graditi al governo, insomma, sarebbero stati scelti al posto dei due presuli titolari. Zen non avrebbe avuto voce in capitolo sulla decisione del pontefice e sarebbe stato a sua volta “esautorato”.
Cardinali “silurati”, “espropriati” delle loro competenze o più banalmente allontanati dalla posizione ricoperta. Per i vaticanisti apertamente contrari all’operato del Papa, lo scopo di Bergoglio è quello di “monopolizzare” la Curia escludendo dai ruoli chiave l’ossatura delle investiture promosse dal suo predecessore. Il carattere dell’argentino, sottolineano alcuni commentatori tradizionalisti, non è incline al dialogo e per niente predisposto alla dialettica interna. Secondo queste considerazioni, quindi, anche il cardinale Sean O’Malley, che ha criticato Francesco per le parole sul “caso Barros”, e il cardinale olandese Eijk, che invece è tornato a chiedere “chiarezza” su Amoris Laetitia, dovrebbero subire a breve le conseguenze della “rottamazione” in salsa bergogliana. Vero è, infine, che ogni Papa ha ridisegnato la Curia romana a sua “immagine e somiglianza”. Sotto Francesco, però, non sarebbe più concesso criticare l’operato del pontefice.
da Il Giornale 28 gennaio 2018, Giuseppe Aloisi
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