Sinodo, omosessualità e ideologia LGBT. Una voce critica dall’Australia

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La seguente nota proviene dall’Australia, un paese duramente toccato dallo scandalo degli abusi sessuali commessi da ministri consacrati, e tanto duramente che nel territorio della sua capitale, Canberra, il segreto della confessione è da giugno addirittura perseguibile come un reato, qualora il sacerdote che venisse a conoscenza, mentre amministra il sacramento, di un abuso su minori non lo denunciasse alle pubbliche autorità.
L’autore della nota, Paul A. McGavin, teologo e con studi in economia, appartiene appunto al clero dell’arcidiocesi di Canberra e Goulburn. E affronta qui proprio la piaga che tanto ferisce la Chiesa, non solo in Australia. Dice perché, a suo giudizio, questa piaga si è diffusa e avanza delle proposte per guarirla alla radice.
I lettori di Settimo Cielo già conoscono padre McGavin per alcuni suoi precedenti interventi, l’ultimo, nel 2015, sui criteri di selezione dei vescovi.
Ma questa volta egli tocca una questione dibattuta proprio nel sinodo dei vescovi attualmente in corso a Roma, soprattutto riguardo all’omosessualità, a partire dal polemico intervento dell’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, contro l’introduzione della formula LGBT nel documento base del sinodo.
A lui la parola.
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VIVERE IL VANGELO INCARNATO DI GESÙ CRISTO

di Paul A. McGavin
La voce dell'arcivescovo Charles Chaput riguardo all'introduzione della formula LGBT nell’”Instrumentum laboris” del sinodo sulla gioventù è un canto della sirena che deve essere ascoltato. Tuttavia le sue parole non dicono tutto ciò che deve essere detto e tutto ciò che deve essere ascoltato. Assieme all’arcivescovo Chaput, sono convinto che la fedeltà al Vangelo e la proclamazione vissuta del Vangelo debbano costituire la spina dorsale della struttura e del processo del sinodo. Però – ed è un “però” forte – il nostro Vangelo è una proclamazione dell’incarnazione, una proclamazione del fatto che Dio era in Cristo per riconciliare il mondo con lui (2 Corinzi 5, 19). E impersonando, vivendo e proclamando che il Vangelo rimane essenzialmente “incarnazionale”.
L’essere “incarnazionale” significa che i discepoli di Cristo sono inseriti e impegnati nel mondo e costruiscono vite che comprendono profondamente le varie situazioni quotidiane delle varietà di culture e della varietà di persone tra le quali la Chiesa è inserita con una finalità missionaria. Qual è il punto forte del mio parlare così? Parlo così perché i terribili scandali degli abusi sessuali nella Chiesa universale che continuano a svolgersi mettono in chiaro che nella Chiesa la formazione al ministero [sacerdotale] e la formazione del carattere [dei candidati] sono stati difettosi nel passato e continuano ad essere difettosi nel presente.
Il secondo termine dell’acronimo LGBT sta per "gay". Questo era un termine che nemmeno esisteva in Australia quando mi formavo al ministero nei primi anni Settanta, o almeno non ne ero a conoscenza. Ma certamente ero consapevole della presenza di quello che chiamerei un processo di auto-selezione di giovani che entravano in formazione e che non avevano raggiunto la maturità psico-sessuale e un’identità sessuale integrale.
Sebbene il generale lassismo di quell'epoca abbia contribuito a un crescente lassismo nei comportamenti, questa mancanza non è iniziata lì. I precedenti casi di abusi sessuali ad opera di ministri della Chiesa sono sorti in un'epoca anteriore nella quale una probità pubblica generale sembrava più evidente. Dico "sembrava più evidente" perché in aspetti significativi era meno "vista”. C'era generalmente una reticenza nel parlare delle complessità della sessualità umana e dello sviluppo umano e dei processi di integrazione psico-sessuale. In realtà queste complessità erano spesso semplicemente non comprese.
Abbiamo visto questa mancanza di comprensione nel modo in cui i vescovi si sentivano incapaci di trattare i casi di comportamento sessuale abusivo del clero. Abbiamo visto questa mancanza di comprensione nel modo in cui i vescovi sconcertati tranquillizzavano il loro disagio spedendo coloro che avevano commesso abusi sessuali in cliniche che offrivano programmi di consulenza correttiva. Troppo tardi è arrivata in loro la consapevolezza che ci sono alcuni fallimenti nello sviluppo psico-sessuale e nella formazione del carattere che non sono trattabili con tardivi interventi terapeutici psico-sociali.
In breve, non c'era – e secondo me non c'è – una consapevolezza complessiva di ciò che è coinvolto nei processi di formazione del carattere e di integrazione psico-sessuale. È a questo punto che presento una prospettiva diversa da quella a cui principalmente guarda l'arcivescovo Chaput. E il motivo è che la semplice proclamazione del Vangelo e la coltivazione di una pietà pubblica che dovrebbe ispirare la vita del Vangelo non sono sufficienti. E non sono sufficienti perché l'opera di riconciliazione attuata in Cristo e affidata alla Chiesa è, appunto, “incarnazionale”. Sebbene i Vangeli ci diano un solido ritratto della natura carnale di Gesù, non parlano di lui in termini sessuali, se non della sua evidente virilità. Ciò che viene implicitamente trasmesso è l'evidente integrità umana di Gesù.
Nella mia lettura “incarnazionale”, san Giuseppe ha un ruolo centrale riguardo a questa sana virilità di Gesù. La narrazione del concepimento e della nascita non conferisce a Gesù la sua natura umana in un'adeguata comprensione dell'incarnazione. Un'adeguata comprensione dell'incarnazione comporta non solo la natura biologica della persona umana, ma anche la natura sociale della persona umana e i processi sociali nei quali una persona umana si sviluppa fino a una maturità umana integrale. La "crescita in sapienza e in età” di Gesù (Luca 2, 52) non era solo un'"obbedienza" a Maria e Giuseppe (Luca 2, 51). Gesù fu chiamato il "figlio del falegname" o "il falegname" (Matteo 13, 55; Marco 6, 3) non semplicemente perché questa era la sua comune attribuzione. La maturità virile di colui che nella sua persona era ed è “vero Dio e vero uomo” fu formata nel cuore di una famiglia e nel cuore di una società, e il Gesù che incontriamo nei Vangeli è cresciuto sotto la guida paterna come il “figlio di Giuseppe” (Luca 3, 23). In breve, la mascolinità forte e gentile di Gesù, l'integrazione psico-sessuale che vediamo nel comportamento di Gesù registrato nei Vangeli non solo "accadde" perché la Parola divina mediante l’opera dello Spirito Santo assunse l'umanità attraverso la sua Vergine Madre. Ci fu uno sviluppo umano integrale nella persona del Dio-uomo Gesù di Nazaret.
Ora cerco di rendere esplicito ciò che finora è stato implicito. Gesù è stato concepito ed è nato di sesso maschile. Lo sviluppo umano di Gesù ha mostrato un'integrazione degli aspetti sociali e comportamentali della sua mascolinità con gli aspetti fisici della sua mascolinità. Traducendo questo nel linguaggio delle scienze sociali contemporanee, Gesù era maschio nel sesso, e Gesù era maschio nel genere. Cioè, incontriamo in Gesù un'identità di genere coerente con la sua identità sessuale. Questo è un riconoscimento importante. È importante perché il termine recentemente coniato “trans”, che è la quarta lettera dell’acronimo LGBT, è indicativo di persone la cui identità di genere è scarsamente integrata con la loro sessualità biologica.
I processi o i fallimenti dei processi che generano questa disparità tra genere e sesso sono complessi e non ben compresi. Ma hanno componenti importanti di errata strutturazione sociale. Allo stesso modo, forse non capiamo bene i processi o i fallimenti dei processi che danno origine a una dominante attrazione sessuale per lo stesso sesso, il “lesbica" e il “gay" del primo e secondo termine dell’acronimo LGBT.
Anche se non mi sono occupato di ricerca psico-sociale a livello accademico, a 75 anni ho una lunga vita di osservazione e di lettura su questi temi. La mia conclusione è che una cosa è incontrare un grado di attrazione per lo stesso sesso, e un'altra cosa è coltivare o dare campo libero all'attrazione per lo stesso sesso. Cioè, riscontrare segni che possono portare alla qualifica di “omosessuale” non è la stessa cosa che essere “gay”, e questi termini non dovrebbero essere confusi. La presenza dell'omosessualità non equivale a essere "lesbica" o essere "gay". La questione non è fondamentalmente diversa da quella di un uomo o di una donna eterosessuali sposati che magari hanno una forte attrazione per l’altro sesso ma non la mettono in opera perché rispettano la fedeltà sponsale. E la fedeltà sponsale è una questione di carattere, di carattere in un senso etico o morale. E tale carattere è un prodotto del complesso sviluppo del carattere umano e della maturità e integrazione psico-sessuale, inclusa l'integrazione religiosa.
È lo stesso per un uomo nel sacro ministero. Qualora non sia stato realisticamente e naturalisticamente formato in uno sviluppo umano e in uno sviluppo del carattere in consonanza con il Vangelo incarnato di Gesù Cristo, si scoprirà che non vive il suo impegno al celibato con forza e amore. In effetti, la sua vita e le sue azioni potrebbero diventare perverse in tutte le direzioni, e non solo in materia sessuale.
Ho detto che la formazione al ministero rimane insoddisfacente oggi, e questo perché abbiamo una "nuova" versione del puritanesimo che è propagandata come politica di "tutela" o "protezione" e che coltiva solo un’agenda basata su regole e un'osservanza basata su un protocollo. Ciò non riesce a costruire un'identità umana forte, calorosa e sicura. È una politica pietistica del "non toccare” che arriva a nemmeno più consentire la presenza di qualcuno di età minore di 18 anni senza accanto un'altra presenza. È una cultura della ”non fiducia" e una cultura in cui non viene coltivata una sobria ”valutazione del rischio". È una cultura di eccessivo scetticismo, di paura e di precauzione esagerata. È una cultura che inibisce il far proprie e il vivere la bellezza, la generosità e la libertà della vita in Cristo.
Stranamente, queste risposte reattive presentano una riproduzione errata della cultura precedente, in cui le perversioni sessuali nascoste crescevano non viste e prive di “salvaguardia” o "protezione”. Le attuali esagerate politiche reattive riproducono una cultura in cui lo sviluppo umano integrale che vediamo in Gesù di Nazaret è inibito piuttosto che incoraggiato. Abbiamo bisogno di aprire i nostri occhi e il nostro cuore affinché possiamo vedere e comprendere le confusioni in cui viviamo, ben rappresentate dall'acronimo LGBT, e condurre generosamente le persone a incontrare e scoprire la bellezza, la grazia, la forza, la gioia e la disciplinata facilità e onestà del vivere il Vangelo incarnato di Gesù Cristo.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/10/17/sinodo-omosessualita-e-ideologia-lgbt-una-voce-critica-dall%E2%80%99australia/

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