Il re è nudo
Il Re è nudo e le damigelle accorrono a vestirlo - Cristiano Lugli
La Diocesi di Reggio è in fiamme e da questa vicenda si è aperta una
nuova breccia solcata proprio dal conservatore Massimo.
Ora accade che la Diocesi si compatti e dia appoggio con commenti
fumosi, accusandoci di diffamazione addirittura chi prega in riparazione
[qui]. Cristiano Lugli ha voluto scrivere in modo originale la risposta riportata di seguito.
Caro don Camillo,
Devo dirle che mi imbarazza un po’ scriverle: non sono il suo Guareschi e
non ho quella confidenza e autorevolezza che lui aveva per potersi
rivolgere a lei.
Tuttavia, sono anche io uno della sua bassa; anche io, caro don Camillo,
come lei, sono un nostalgico di quel “Mondo Piccolo” che più non è. E,
quindi, ho deciso di scriverle per raccontarle di un episodio accaduto
proprio oggi. Come avrà saputo, a Reggio Emilia sta accadendo di tutto:
le bandiere arcobaleno si alzano dappertutto, i sodomiti, tronfi, dicono
che finalmente tira un’aria nuova, che “la Chiesa finalmente è in
uscita”. Insomma, reverendo, il vento ha davvero un soffio di “laetitia”, di “Amoris Laetitia” per essere più precisi.
Lei, don Camillo, forse è rimasto un po’ indietro: i compagni che lei
combatteva a suon di grinta, ora si sono evoluti. Anzi, potrei persino
dirle che quei gloriosi compagni non esistono più. Non se ne abbia a
male se li chiamo “gloriosi”, lo dico solo perché, almeno, loro, avevano
una precisa identità ed una precisa posizione. Le donzelle che invece
ora albergano fra vicariati, sacri palazzi, e che hanno i poster di don
Chichì in cappella privata, sono molto più fumosi. Sono, caro don
Camillo, il classico esempio di tiepidezza che lei, a muso duro, ha
sempre preso a randellate. Ricordo la sua processione con il Crocifisso:
era solo, abbandonato da tutti, ma aveva Cristo. Chi ora occupa i ruoli
della Chiesa, invece, ha tanta compagnia ma è senza Cristo, cioè è
senza Fede.
Ebbene don Camillo, è soprattutto su questo che vorrei soffermarmi.
Succede che, dopo esserci opposti alla deriva omosessualista capitanata
da quel don Chiccì (e sto offendendo persino quest’ultimo) di don
Cugini, a portare la fiaccola dentro al ginepraio di acuta gaiaggine è
arrivato persino il Vescovo della nostra Diocesi. Come sicuramente avrà
altrettanto saputo dai giornali di oltre Po’, sarà proprio il Pastore
Maximo a presiedere la “veglia LGBT”. Ebbene sì, ma non sto parlando di
Mons. Socche, al quale lei magari si rifà, ma dell’attuale vescovo.
Massimo, appunto.
Inutile che le spieghi i risvolti e i grandi titoloni di giornale che
esultano, ancora una volta, per la “chiesa” arcobaleno con tanto di
locandina con crocifisso multicolore. Sapendo però che lei detesta i
nuovi mezzi di comunicazione, di certo non saprà che oggi, le cortigiane
del Re nudo sono uscite tutte, compatte, a rivestirlo di pizzo e di
merletto. Proprio così. Le accuse rivolte a noi, “riparatori” da museo
di antiquariato, figli di quella Miserentissimus Redemptor troppo
anacronistica per le berrette di alta corte, sarebbero quelle di creare
divisione. Divisione, sì. Si ricorda, vero, la Russia che tanto piaceva
al suo Peppone e al Giovanni Faraboli del suo Guareschi? Lì, i
dissidenti che attaccavano il regime sovietico, venivano emarginati,
ridicolizzati e vieppiù presi a sberle. Perché? Tutto, sempre, in nome
della “divisione” che essi provocavano. Per le dame di corte, don
Camillo – e lei lo sa meglio di me – l’unità si fa sul numero e giammai
sulla Verità. Ci colpevolizzano di “calpestare la comunione ecclesiale”
in nome di una “verità parziale e autoreferenziale”. Ha capito bene
Reverendo! La loro unità ecclesiale – che vuol dir tutto e non vuol dir
niente – tiene conto della “verità” che pare a loro e che, certamente,
non si fonda sul Magistero della Chiesa e sulla Tradizione di essa,
aldilà di ciò che vogliono far credere. Purtroppo per loro (e anche per
lei) il mio esempio di sacerdozio è lei, che per difendere Cristo e la
Chiesa ha gridato sui tetti, ha suonato le campane per interrompere i
comizi del Partito Rosso e anticlericale, perché, d’altronde, le campane
che ormai non suonano più, come diceva lei, “sono la voce di Dio”.
La dame e le damigelle del reame – che ora si fanno chiamare con tutti i
titoli possibili (monsignori, vicari, reverendi moltissimi, eminenze
massime, multiple e doppiamente carpiate) – vogliono richiamare la
“verità” senza appellarsi alla conversione: unica via per potersi
permettere di parlare di carità, quella falsa carità misericordiosamente
e politicamente corrette che vorrebbero traboccare a grandi dosi a
tutti e tutti, persino alle categorie che si danno quello strano nome su
cui forse ancora starà pensando su: LGBT. Glielo traduco, don Camillo:
Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender. Le risparmiamo le altre 40
lettere che verrebbero dopo, per non incentivare il suo sangue già fin
troppo cattivo, fattosi dopo avermi letto sin qui.
Questi signori vogliono la Chiesa di laici ma, quando devono
compattarsi, si schierano ecclesiasticamente con le processioni di nomi,
fra cui anche quelli che, mi creda, vorrebbero rifarsi a lei fra
latinismi vari e altari Coram Deo (una volta ogni tanto, si capisce),
quando non disturbano la “comunione messale”, ovvero del nuovo Messale
il quale, mannaggia lei, non ha mai digerito.
Che dire? Che fare? Con grande noia, leggiamo i comunicati di
solidarietà al vescovo mentre la nostra diocesi cade a brandelli
delineando quella che è l’attuale situazione nella Chiesa. La gaiaggine,
come le dicevo, ha già apposto le proprie bandiere dappertutto. I
portavoce sono diventati proprio loro e, a quanto pare, non aspettano
altro che arcobanelizzare lo stemma vescovile. Non gli manca molto, mi
creda!
Ma noi domenica sera saremo lì sotto, proprio sotto a quel vescovado che
rappresenta la casa del Pastore. Lasciamo ai monsignori, vicari,
segretari, cappellani, parroci, parrucchetti e parrucconi l’onere di
andare, seguire e vestire il re alla “veglia anti-omofobia” di quei tipi
là, “i cristiani LGBT ( lei non lo sa, ma i cristiani ora sono divisi
in categorie, e quelle gaie sono importantissime).
Mi permetta però, a conclusione di questa epistola fin troppo lunga, di
rifarmi ad un suo discorso con Gesù. Mi permetta, ci permetta, la prego
di farlo nostro perché la conservazione di quel “buon seme” ci interessa
molto.Grazie, caro don Camillo.
Suo,
Cristiano Lugli – Portavoce “Gruppo di Preghiera 20 maggio”
“Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.
Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2018/05/il-re-e-nudo-e-le-damigelle-accorrono.html
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