Il cardinale Meisner, Fatima, il rosario.
Il cardinale Meisner, Fatima, il rosario. E quella venerazione per Mindszenty
Ottimo articolo e bellissimo ricordo del card. Joachim Meisner di Aldo Maria Valli.
Il
5 luglio oltre a Joaquín Navarro-Valls ci ha lasciati un altro
Gioacchino: il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia. Un
grande pastore che ha sempre difeso la fede e la Chiesa, fino alla
decisione, presa con i confratelli Carlo Caffarra, Walter Brandmüller e
Raymond Burke, di manifestare al papa i suoi «dubia» a proposito di
«Amoris laetitia».
La morte l’ha colto nel sonno, con il breviario in mano, mentre pregava
per prepararsi alla messa del mattino successivo e dopo una telefonata
con il cardinale Gerhard Müller, pochi giorni prima allontanato da papa
Francesco dall’incarico di prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede.
Per capire meglio il cardinale Meisner e tracciare un suo profilo è utile l’articolo «Cardinal Meisner’s Witness Concerning Fatima and the Dubia»,
scritto da Maike Hickson per il sito «onepeterfive», nel quale, fra
l’altro, si rivela quanto riferito da un amico del cardinale, Michael
Hesemann, storico della Chiesa tedesca.
In una lettera del 29 dicembre 2016 Meisner scrisse a Hesemann: «Viviamo
in un periodo di confusione, non solo nella società, ma anche nella
Chiesa». E poi, quasi come spiegazione sottintesa della sua decisione di
rivolgersi al papa esprimendo i dubbi su «Amoris laetitia», aggiunse: «Il pastore è scelto da Cristo al fine di preservare il gregge dall’errore e dalla confusione».
Meisner, che incontrò più volte la veggente suor Lucia, in quella
lettera parlò anche del messaggio di Fatima, esprimendo la speranza che
la Madre di Dio non ci lasci in preda alla confusione e al peccato in
questo nostro tempo nel quale, avendo perduto la memoria della
creazione, non sappiamo più chi è l’uomo. Parole che hanno il sapore del
testamento spirituale da parte di un pastore che soffrì molto a causa
di attacchi ingiusti da parte della cultura laicista ma anche dei
settori modernisti della Chiesa.
Di Meisner occorre ricordare poi il contributo, forse decisivo, nel
conclave del 2005, per l’elezione di Joseph Ratzinger, un’esperienza che
il cardinale, pur mantenendo il segreto, ricordava affermando di non
aver mai combattuto tanto nel corso della sua vita.
Nato a Breslavia (Breslau per i tedeschi, Wrocław per i polacchi) nel
giorno di Natale del 1933, Joachim Meisner nel 1945 fu costretto a
fuggire con la mamma e i fratelli (il padre fu ucciso sul fronte russo
in quello stesso anno) dinnanzi all’avanzata dell’armata sovietica e si
rifugiò in Turingia, a Erfurt, dove per quarant’anni visse poi sotto il
regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca.
Dei giorni della fuga Meisner ricordava la fede indomita della mamma,
che un giorno, del tutto priva di mezzi per garantire un pasto e un
tetto ai figli, tirò fuori il rosario, si mise a pregare (recitò per tre
volte una preghiera mariana tedesca, «Hilf Maria, jetzt ist Zeit») e si
disse certa che l’aiuto sarebbe arrivato dalla Madonna. Cosa che in
effetti avvenne, quando la famiglia fu invitata in casa da un uomo che
aveva assistito alla scena.
Sotto la DDR (Deutsche Demokratische Republik) – questo un altro ricordo
di Meisner – era impossibile anche solo accennare a Fatima, perché
qualsiasi riferimento alle apparizioni, caratterizzate dalla richiesta
di consacrare la Russia al Cuore immacolato di Maria, era considerato
propaganda anticomunista e come tale veniva punito. Ma naturalmente i
divieti non fecero che rinforzare nel futuro cardinale la devozione per
la Madonna di Fatima, un luogo, spiegava Meisner, nel quale Nostra
Signora ha creato una testa di ponte fra terra e cielo.
Dopo l’attentato del 1981 Giovanni Paolo II chiese a Meisner di
celebrare una messa a Fatima, e l’arcivescovo di Colonia lo fece nel
1990, ringraziando Maria non solo per aver salvato la vita del papa ma
anche per il crollo dell’impero sovietico.
«Come arma contro l’ateismo la Madre di Dio ci ha dato la preghiera, ma
specialmente la preghiera del rosario», diceva Meisner, che conservava
un ricordo molto vivido di un episodio avvenuto a Erfurt, nel 1975,
quando un gruppo di turisti provenienti dal Kazakistan (allora
nell’Unione Sovietica), rivelatisi come cattolici, gli dissero: «Da
trent’anni non andiamo a messa e abbiamo tanta nostalgia della Chiesa!».
Meisner ricordava in particolare la domanda che gli fece uno di quei
cattolici: «Mi potrebbe dire quali dottrine di fede dobbiamo trasmettere
ai nostri figli e nipoti così che essi possano ottenere la vita
eterna?».
«Non mi era mai stata posta – diceva il cardinale – una domanda
altrettanto importante, e nessuno me la fece più in futuro». A
quell’uomo l’allora vescovo di Erfurt rispose che avrebbe dato a lui e
ai suoi compagni la Bibbia e il Catechismo, ma l’ospite gli fece
cortesemente notare che in un paese dell’Unione Sovietica non era
permesso possedere quei libri. Allora il vescovo disse che gli avrebbe
dato un rosario e quando l’uomo chiese il perché, Meisner rispose che lì
c’è tutto quel che occorre: «Tutta la fede cattolica in una sola
mano!», come esclamò, pieno di sorpresa e gratitudine, quel suo
interlocutore.
Circa la sua morte, Meisner diceva: «Quando sarò morto, i canonici
verranno e mi toglieranno l’anello, ma nel testamento ho scritto che
dovranno lasciarmi il mio rosario! Voglio che sia messo nella bara, così
che lo possa mostrare alla Madre di Dio e Lei possa mostrarmi, dopo
questo esilio, Gesù, il frutto benedetto della sua vita!».
La vicenda umana di Joachim Meisner si può riassumere con due parole:
fede e coraggio. Una combinazione che gli fece guadagnare il rispetto di
molti, anche da parte degli avversari, come nel caso di una nota
femminista tedesca, Alice Schwarzer, che alla morte del cardinale ha
detto «Sì, mi è piaciuto» ed ha rivelato che durante il loro ultimo
incontro, un anno fa, Meisner le regalò una preghiera di santa Teresa
d’Avila.
Per completare il profilo di Joachim Meisner occorre poi parlare della
sua speciale venerazione per il cardinale Jozef Mindszenty, il grande
arcivescovo ungherese che resistette al comunismo. Nel maggio di
quest’anno, durante un’omelia a Budapest, Meisner raccontò che aveva
solo tredici anni quando, vedendo un quadro raffigurante Mindszenty
sotto accusa davanti a un tribunale comunista, restò molto colpito da
quell’immagine, perché gli fece pensare a Gesù accusato ingiustamente
dal sinedrio. Quel ritratto dell’indomito cardinale ungherese fu così
importante che lo volle appendere nella sua camera da letto e da allora,
disse durante l’omelia, «ho sempre rivolto uno sguardo a Mindszenty
prima di addormentarmi e al risveglio».
In effetti il primate d’Ungheria fu per Meisner «il modello di vescovo, ed è per questo che in me è cresciuto il desiderio di essere come lui, un testimone di Cristo che ha il coraggio di resistere ai potenti di questo mondo».
In effetti il primate d’Ungheria fu per Meisner «il modello di vescovo, ed è per questo che in me è cresciuto il desiderio di essere come lui, un testimone di Cristo che ha il coraggio di resistere ai potenti di questo mondo».
L’immagine di Mindszenty davanti al tribunale era conservata da Meisner
anche nel suo breviario, lo stesso che aveva tra le mani il 5 luglio
scorso, quando la morte l’ha colto nel sonno a Bad Füssing. «Quando i
vescovi non sono più confessori della fede – diceva – il popolo di Dio
non è in una buona situazione».
Il 4 aprile 2005, prima del conclave, il cardinale Meisner insieme all’amico Paul Badde, che ha rivelato l’episodio, andò a Manoppello per vedere il Volto Santo e ne restò profondamente toccato, tanto che nel libro degli ospiti scrisse: «Il volto è l’espressione del cuore. Sul Volto Santo il Cuore di Dio diventa visibile. Joachim Card. Meisner, Arcivescovo di Colonia, Pax Vobis!».
Il 4 aprile 2005, prima del conclave, il cardinale Meisner insieme all’amico Paul Badde, che ha rivelato l’episodio, andò a Manoppello per vedere il Volto Santo e ne restò profondamente toccato, tanto che nel libro degli ospiti scrisse: «Il volto è l’espressione del cuore. Sul Volto Santo il Cuore di Dio diventa visibile. Joachim Card. Meisner, Arcivescovo di Colonia, Pax Vobis!».
Come abbiamo detto all’inizio, la sera prima della sua morte Meisner
parlò al telefono con il cardinale Müller. È stato lo stesso Müller a
rivelarlo, alla «Passauer Neue Presse», spiegando che Meisner si
dimostrò rattristato per il brusco allontanamento di Müller dalla
Congregazione per la dottrina della fede, un licenziamento da lui
considerato un danno per la Chiesa. Nella stessa intervista Müller ha
raccontato che il papa gli ha comunicato la sua decisione di non
rinnovarlo nella carica di prefetto della congregazione durante
un’udienza durata un solo minuto, proprio nell’ultimo giorno del
mandato, e senza fornire spiegazioni. «Uno stile – ha detto Müller –
inaccettabile, perché anche il Vaticano, nel trattare con i propri
dipendenti, dovrebbe applicare la dottrina sociale della Chiesa». Uno
stile che certamente non era quello di Joachim Meisner.
Aldo Maria Valli
Commenti
Posta un commento