I LIMITI DELL’AUTORITÀ PAPALE
SUPER EX CI PARLA DEL CONVEGNO DI APRILE SU CAFFARRA E I LIMITI DELL’AUTORITÀ PAPALE. E DELLA LIBERTÀ DI NEWMAN.
Marco Tosatti
Super Ex, ex di Avvenire, ex del Movimento per la Vita, ex di un sacco di altre cose, ma non ex cattolico, ci ha inviato una riflessione sul Convegno che si svolgerà a Roma, in aprile, a ricordo del card. Caffarra, e per discutere, oltre che della confusione nella Chiesa, anche dei limiti dell’infallibilità papale. E di quel grande uomo che fu il beato Newman; tanto più prezioso nei nostri tempi. Ecco la sua riflessione:Caro Tosatti,
vengo a sapere
dagli organizzatori del convegno intitolato “Chiesa dove vai? “Solo un
cieco può negare che nella Chiesa ci sia grande confusione” (Card. Carlo
Caffarra)”, che si terrà il 7 aprile a Roma (The Curch Village (sala La
Rambla), Via di Torre Rossa 94, ore 15), che uno dei cardinali presenti parlerà di alcuni aspetti del pensiero del cardinal John Henry Newman (1801-1890) beatificato da Benedetto XVI nel 2010, cioè solo 8 anni orsono.
Ho trovato questa
scelta particolarmente opportuna e felice. Newman infatti è stato un
gigante del pensiero, che forse la Provvidenza ha voluto darci in
preparazione a questi tempi così confusi. Perchè? Proverò a dirlo in
estrema sintesi: Newman è anzitutto un convertito, essendo passato dalla
fede anglicana alla fede cattolica. Ebbe ad esclamare, infatti, che “a
studiare la storia si smette di essere protestanti e si diventa
cattolici”.
Otto anni fa Newman
veniva beatificato, e nello stesso periodo, grazie alla Costituzione
apostolica Anglicanorum coetibus, gruppi di ministri e fedeli anglicani
lasciavano un’opera umana, la chiesa fondata dal re Enrico VIII, per
tornare alla Chiesa di Roma, riconoscendo in essa la vera sposa di
Cristo.
Otto anni dopo, la
sola idea che dei protestanti o degli anglicani possano convertirsi a
Roma, sembra quasi incredibile: la recente celebrazione in ambito
vaticano di Martin Lutero e del suo scisma, preliminare a quello del
sovrano inglese citato, ha reso molti fedeli del tutto convinti della
superiorità del protestantesimo sul cattolicesimo oppure ha spento in
loro il vero ecumenismo, che aspira all’unità in un solo ovile e sotto
lo stesso pastore.
Inoltre sono venuti
a cadere sia i motivi dello scisma di Enrico (che oggi otterrebbe, alla
luce di Amoris laetitia, al massimo un buffetto dal suo confessore,
nonostante le 6 mogli), sia il motivo del rientro degli anglicani, che
dovrebbero sentirsi un po’ beffati vedendo che il loro abbraccio con la
Chiesa cattolica, riconosciuta per la sua secolare fermezza dottrinale,
ha coinciso con un apparente sgretolamento del suo edificio dottrinale. A
tal proposito si dovrebbe ricordare che il vescovo Steven Lopes,
alla guida del ramo americano dell’Ordinariato che raccoglie gli ex
anglicani, è tra quanti, pur non avendo sottoscritto formalmente i
Dubia, li ha condivisi e compresi (http://formiche.net/2017/01/ 20/cosa-dicono-gli-ex- anglicani-sulla-comunione-ai- divorziati-risposati/).
Tornare a Newman
può essere molto opportuno anche per la sua lettura del dogma
dell’infallibilità pontificia: dovendolo presentare agli inglesi, del
tutto antipapisti, Newman si sforzò di evitare che il dogma definito dal
Vaticano I venisse letto in modo “estremista” e determinasse una
semplificazione: “se lo dice il papa, è per forza e sempre così”.
Newman arrivò a
scontrarsi con quei cattolici che, nello sforzo apologetico, pur
lodevole, dilatavano all’inverosimile l’infallibilità del pontefice: la
realtà, diceva il cardinale ai tanti perplessi, che volevano sapere
limiti e circostanze di questa infallibilità, è più complessa. E per
spiegarlo illustrava, storicamente, i tanti errori dei pontefici, da san
Pietro in poi, per concludere, in alcune lettere, che “l’infallibilità
non è un modo di essere del papa, né uno stato mentale” e che “di certo
il papa non è infallibile oltre il deposito della fede data in origine”.
Il che significa che il papa “non ha un insito dono di divina
conoscenza, ma quando parla ex cathedra, che dica poco o molto, è
semplicemente protetto da dire il falso”.
C’è un ultimo
motivo che rende la scelta di parlare di Newman in un convegno in
memoria di Caffarra del tutto adeguato: l’amore del cardinale di Bologna
per il suo omologo inglese, lodato per aver “legato la coscienza alla
verità, a Dio” e per aver “radicato la verità morale e religiosa dentro
la coscienza”.
Forse non è un caso
che l’ultimo discorso di Caffarra, scritto ma mai pronunciato, avrebbe
dovuto avvenire il 21 ottobre 2017 a Londra, proprio in un convegno su
Newman. La conferenza di Caffarra si concludeva alludendo chiaramente ad
una drammatica domanda: il liberalismo, cioè il principio
antidogmatico, che Newman considerava il male della modernità, è oggi
entrato anche nella Chiesa, in una predicazione che scinde coscienza e
verità oggettiva e confonde misericordia e relativismo?
Questo la
conclusione di Caffarra, il cardinale fermo e mansueto, consultato per
decenni dai papi, ed emarginato duramente alla fine dei suoi giorni,
nell’ “anno V della misericordia”:
«Di fronte a questa
contraffazione della coscienza che cosa dobbiamo fare? La risposta di
Newman è la seguente. «Troppe volte ormai il cristianesimo si è trovato
in quello che sembrava un pericolo mortale; perché ora dobbiamo
spaventarci di fronte a questa nuova prova? Questo è assolutamente
certo. Ciò che invece è incerto, ed in queste grandi sfide solitamente
lo è, e rappresenta solitamente una grande sorpresa per tutti, è il modo
in cui di volta in volta la Provvidenza protegge e salva i suoi Eletti.
Normalmente la Chiesa non deve fare altro che continuare a fare ciò che
deve fare: “Mansueti hereditabunt terram et delectabuntur in
multitudine pacis”».
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