Chi è il Vero Papa?

Francesco o Benedetto: chi è il Vero Papa?

Siamo molto grati al nostro lettore Carlo Schena, che ci offre nella sua traduzione e col consenso degli autori, Robert Siscoe e John Salza, il saggio che riprendiamo di seguito che chiarisce alcuni dubbi circa il "ministero petrino allargato”, la “mafia San Gallo” e, in generale, la legittimità di Papa Francesco. Siamo stati preceduti qui.
Vedi, nel blog, [qui - qui] e una nutrita pagina di archivio sui due papi (in corso di aggiornamento). 

Diciamocelo. Molti cattolici - e non solo i tradizionalisti “duri e puri" - si stanno chiedendo se Francesco sia il vero Papa. I problemi che hanno dato vita a questi interrogativi sono di pubblico dominio, ma hanno lasciato molti cattolici in uno stato di confusione. Al di là di quelli che hanno denunciato Francesco come un antipapa, molti altri semplicemente non sanno cosa credere, o nemmeno quali principi li dovrebbero guidare nel formarsi un proprio giudizio. Recentemente, una scrittrice cattolica ha affermato che "non abbiamo l'autorità" di dichiarare Francesco un antipapa, e che “Francesco è il Papa finché un futuro Papa dirà che non lo è.” Ma, l’autrice, nello stesso articolo, dice poi di non avere "alcuna vera obiezione verso chi pensasse che, forse, Bergoglio è un antipapa” fino a concludere che “ci si può anche credere” [che Francesco sia un antipapa] [1]. La confusione e le contraddizioni sembrano la norma, anche tra i cattolici più informati.
In questo articolo, affronteremo la controversia riguardante la discutibile rinuncia di Papa Benedetto e se Francesco “il vescovo di Roma" sia il legittimo Papa. Fin da subito dobbiamo chiarire che non è nostro intento fornire risposte definitive a tutte le domande in gioco, ma solo applicare i principi corretti e mostrare quello che ci sembra chiaro essere il giusto approccio che un cattolico dovrebbe tenere, nel tentativo di non perdere la bussola nella sempre peggiore crisi della Chiesa e del papato.

Quali sono i problemi che portano alcuni ad avere dubbi o a rinnegare la legittimità di Francesco? La prima questione riguarda la validità della rinuncia di Benedetto. Alcuni credono che sia stato obbligato ad abdicare, altri che la sua rinuncia non sia stata un “libero atto” (requisito di validità); altri si appellano alle irregolarità nelle parole della sua rinuncia, che metterebbero in dubbio le sue intenzioni (voleva davvero rinunciare all'ufficio papale o solo al suo esercizio attivo?). Un altro problema spesso sollevato riguarda la validità della elezione di Francesco. Questi dubbi nascono dalla cospirazione, pubblicamente ammessa, della “mafia clericale” (il gruppo di San gallo) per eleggerlo. Una tale congiura non solo è illecita, ma commina a coloro che vi hanno preso parte la scomunica latae sententiae. Un'ultima questione che porta alcuni a dubitare della legittimità di Francesco e il danno che sta facendo alla Chiesa, e alle anime, attraverso i suoi scandalosi ed erronei insegnamenti, che stanno deviando le une anime dalla retta dottrina e confermando nei loro errori e peccati le altre. Ciò è reso ancora più grave dal fatto che, a differenza dei suoi recenti predecessori che minavano la dottrina Cattolica - spesso sotto lo specioso pretesto di unità e pace globale (il dichiarato scopo degli incontri di preghiera di Assisi) - Francesco ha diretto il suo attacco sulla stessa legge naturale, con l'ingannevole pretesto della misericordia e della compassione per i peccatori.
Certi vedono in una o più di queste criticità una ragione per rigettare Francesco a favore di Benedetto, pensando che sia la miglior soluzione per spiegare questo disastroso pontificato, così da poter sostenere che tutte queste iniquità non vengano davvero dal Papa, ma da un antipapa. Ironicamente, comunque, molte di queste persone erano anche molto critiche di Benedetto durante il suo regno, al punto di accusarlo di essere un pubblico promotore della idolatria (ad esempio, con Assisi 2011), ed un arci-modernista che rigetta fondamentali dottrine di fede, come la resurrezione del corpo, [2] e che già nei primi anni ’70 caldeggiava la comunione ai divorziati e risposati [3].
Se non c'è dubbio che il pontificato di Francesco sia stato finora un disastro, altri hanno sostenuto che Benedetto sia stato anche più pericoloso, dal momento che le sue “vesti d'agnello” sono state apparentemente molto più convincenti. Chi è più pericoloso: uno che sotto spoglie “tradizionali” subdolamente inganna i fedeli e li induce in errore, o uno che, facilmente riconoscibile quale lupo dal vero fedele, conferma, nel loro errore, solo coloro che già ne sono vittime? Il punto che la controversia non è tra un Papa integralmente tradizionale (Benedetto) e un Papa liberale (Francesco), ma piuttosto tra due uomini fatti della stessa pasta modernista. La principale differenza sta nella personalità e nel metodo. Francesco, che recentemente ha detto “io sono, per natura, irresponsabile” [4], è senza scrupoli e distruttivo, mentre Benedetto era più discreto. Entrambi sono profondamente radicati negli errori moderni, e intrisi di modernismo, il che spiega perché, mentre altri sono rimasti scandalizzati da Francesco, Benedetto lo ha pubblicamente elogiato. Ad esempio, Benedetto ha recentemente affermato: “Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre! La Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente. Più che nei Giardini Vaticani, con la loro bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, di tutto. E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, verso Dio.” Nel suo ultimo libro, Benedetto afferma di non vedere “alcuna contraddizione” tra il suo papato e quello di Francesco, fino a lodarlo per la “nuova freschezza nella Chiesa, una nuova gioia, uno nuovo carisma che colpisce la gente, il che è qualcosa di bello” [5]. Quelli che rigettano Francesco in favore di Benedetto direbbero mai qualcosa di simile? Improbabile.
Inizieremo affrontando la controversia riguardo alla rinuncia di Papa Benedetto.

La rinuncia di Benedetto

Durante la Messa di Incoronazione di Benedetto XVI, il 24 aprile 2005, il papa neoeletto disse: “Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi” [6]. Meno di otto anni dopo, Benedetto sarebbe stato il primo papa in oltre sette secoli a rinunciare al papato. Alcuni hanno affermato che la rinuncia fosse l’avveramento di una facile profezia per Benedetto, e che egli stesse poi fuggendo dai lupi da cui sapeva di essere circondato.

Un Libero Atto?

Circa le rinunce papali, il codice di diritto canonico del 1917 chiarì un punto dibattuto per secoli dai teologi. Tale questione era se la rinuncia dovesse essere accettata dalla Chiesa per essere valida. Circa questo punto recentemente dibattuto, il Bellarmino scrisse: “io dico che il Romano Pontefice non può rinunciare al pontificato senza il consenso della Chiesa” [7]. Francesco Suarez difese l'opinione contraria [8] e questa posizione fu codificata nel codice del 1917 il quale dispone che, contrariamente all'opinione del Bellarmino, il consenso della Chiesa non è necessario perché un Papa rinunci validamente [9]. Tutto ciò che è richiesto è che la rinuncia “sia fatta liberamente e debitamente manifestata” [10]. Ed è che incontriamo due obiezioni opposte alla validità della rinuncia di Benedetto.
Alla luce dello scandalo “Vatileaks” e del dossier in due volumi di 300 pagine [11] consegnato a Benedetto il giorno prima della rinuncia, attestante corruzione, ricatti e una rete sotterranea di omosessuali all'interno del Vaticano (magicamente scomparso dalle prime pagine dopo l’annuncio della rinuncia), al quale si aggiunga che il sistema bancario SWIFT aveva bloccato tutte le transazioni finanziarie nella Città del Vaticano [12] (per poi sbloccarsi appena dopo l’annuncio della rinuncia), alcuni hanno comprensibilmente sostenuto che la rinuncia di Benedetto non sia stata un “libero atto”, ma sia stata causata proprio da quei “lupi” di cui aveva parlato alla sua Messa di Incoronazione. Queste persone sostengono che questo mette in dubbio la validità dell'atto, dal momento che, in base al diritto canonico [13] la rinuncia al papato non liberamente fatta sarebbe nulla e invalida [14]. Un problema con questa teoria è che lo stesso Benedetto ha dichiarato pubblicamente, più volte, che la sua rinuncia non è stata forzata [15], e che è stata fatta “con piena libertà” [16]. Lo ha ripetuto nuovamente nel suo recente libro, quando ha detto:
“Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione.” [17]
Non sarebbe potuto essere più chiaro nell’affermare che la sua rinuncia non è stata forzata. Così, se lo prendiamo in parola, dobbiamo ritenere che la rinuncia di Benedetto sia certamente stata un libero atto. A dispetto degli eventi controversi che fecero da contorno alla sua rinuncia, non ha mai dato motivo di credere altrimenti.
Ma i ripetuti pronunciamenti pubblici di Benedetto sul fatto che la sua rinuncia sia stata “liberamente fatta” non hanno soddisfatto tutti dal momento che, dicono, quelle stesse dichiarazioni potrebbero essere state a loro volta estorte. Per prevenire dubbi di questo tipo, il Cardinale Brandmüller ha recentemente proposto che, per il futuro, la decisione di rinuncia al pontificato dovrebbe essere presa con la cooperazione e la consultazione del Collegio dei Cardinali, come nel caso della rinuncia di Papa Celestino, piuttosto che essere sbattuta in faccia alla Chiesa senza alcun preavviso, come nel caso di Benedetto.
Alla luce dei dubbi e della confusione che la rinuncia estemporanea di Benedetto ha causato in alcuni, possiamo certamente vedere la saggezza delle raccomandazioni di Brandmüller. Ma rimane il fatto che ogni dubbio riguardante la libertà dell’atto rimane una mera speculazione, che contraddice la immutata testimonianza pubblica dello stesso Benedetto, che solo sa se l’atto sia stato libero o meno. In realtà, non solo ha dichiarato che la sua rinuncia sia stata fatta liberamente, ma anche che “non c’è il minimo dubbio a proposito della validità”, e perfino che qualsiasi “speculazione circa la sua invalidità è semplicemente assurda” [18].
In base a questa invariata testimonianza del “Papa Emerito”, non ci sono di certo sufficienti dubbi circa la validità della rinuncia, basati sul fatto che l’atto stesso non sia stato compiuto liberamente. Tutti questi dubbi sono meramente speculativi, e così non assurgono al livello di dubbio positivo e probabile, richiesto dal diritto canonico per giustificare 1) il formarsi un giudizio privato contrario al pubblico giudizio della Chiesa (che ritiene Francesco il legittimo Papa), o nemmeno 2) il dare un giudizio sospensivo sulla questione [19]. Per di più, la teologia morale richiede che prendiamo sempre la via più cauta [20], la quale, nel caso concreto, è il sottomettersi al giudizio della Chiesa (e non rigettandolo sulla base di mere speculazioni), specialmente dal momento che agire così non è in alcun modo peccato, e certamente in armonia con la tradizione e la pratica cattolica.

I Dubbi sulle intenzioni

Una seconda eccezione spesso opposta alla validità della rinuncia riguarda non la libertà ma la intenzione dell’atto. Benedetto voleva davvero rinunciare all’ufficio papale, o solo al “suo esercizio attivo”?

Diarchia Papale

Dopo la rinuncia di Benedetto, alcuni iniziarono ad indicare i potenziali problemi nelle parole usate nella rinuncia, o, si potrebbe dire, nel modo in cui la rinuncia è stata manifestata. Stefano Violi, stimato professore di diritto canonico alle facoltà di teologia di Bologna e Lugano, ha pubblicato uno studio che comprende una dettagliata analisi del testo latino. Il professore ha affermato che una attenta disamina del documento rivela che Papa Benedetto non ha inteso rinunciare completamente all’ufficio Papale (il munus petrinus) ma solo all’esercizio di quello (l’agendo et loquendo). Egli ritiene che questa intenzione sembra avere essenzialmente diviso in due il papato, trasformando la monarchia papale in una diarchia papale.         
 
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