18 GENNAIO 2017

Niente di nuovo. Inizia oggi la settimana “per l’unità dei cristiani” e con tragica monotonia la neochiesa celebra le sue esequie sorridendo festosa. Ma non ha il diritto di trascinare i fedeli all’inferno. E poi, mi scuserete, ma c’è anche una questione personale.
di Paolo Deotto
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È vero, mi si potrebbe obiettare: “Ma di che ti meravigli? Era già tutto previsto e programmato. Tu stesso hai scritto due articoli su questo”.
Vero, verissimo. Ho già scritto due articoli sulla “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani “ (clicca qui e qui) e quindi non ho nulla da aggiungere sulla sostanza. La cronaca del tradimento, accuratamente preparato da Roma con tanto di “istruzioni per l’uso” è monotona e prevedibile. Il conducator ordina, i sottoposti obbediscono. Purtroppo i sottoposti ormai hanno trovato comodo scordarsi che il conducator è solo un vicario dell’unico Re e così siamo arrivati dove siamo arrivati. Nella fogna, ma non si sa bene quanto la fogna sia profonda e quali ulteriori sprofondamenti vedremo.
Certo, tutto previsto. Però mi darete atto che quando il tradimento viene fatto in modo plateale e spudorato, colpisce e addolora ulteriormente, anche se preannunciato. In fondo al cuore resisteva una piccola speranza. Magari, era lecito sperare, ci saranno dei sottoposti che amano Cristo e la Sua Chiesa più del CEO pro tempore, con ufficio in Santa Marta.
Invece no. Proprio in una delle diocesi più grandi del mondo, quella di Milano, oggi si apre la gran festa del tradimento, annunciata ieri sera con trilli di gioia dall’Agenzia Zenit (vedi su https://it.zenit.org/articles/milano-scola-apre-settimana-unita-cristiani-in-chiesa-protestante/). Affinché non sussistano dubbi, nel sottotitolo si parla molto chiaro: “un omaggio al 500° della Riforma”.
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un “omaggio” che viene ribadito in apertura dell’articolo. Un cardinale di Santa Romana Chiesa (almeno così dovrebbe essere) va a rendere omaggio agli eretici.
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La condanna dell’eresia, che un tempo i Pastori che avevano davvero cura dei fedeli non esitavano a fare, diventa “intolleranza”. Ce lo dice nientemeno che un “pastore” valdese. E del resto, non è stato il CEO di S. Marta ad andare a piegare le ginocchia davanti ai valdesi? Inevitabilmente, si deve anche arrivare a scoprire il “valore delle differenze”. Nessuno si dilunga a spiegare dove e cosa sarebbe questo valore, e per quali differenze. La frase è molto di moda e la si applica anche qui. La “differenza” è bella e buona per sé stessa.
Curiosamente, questa manfrina del “valore delle differenze” è anche uno degli argomenti ricorrenti nelle ossessive campagne a favore di sodomiti, lesbiche, transessuali e compagnia bella (si fa per dire). Coincidenze.
Angelo Scola ha il diritto di fare ciò che vuole. Sarebbe interessante sapere se reciti ancora il Credo e come si comporti al momento di dire “Et unam sanctam cathólicam et apostólicam Ecclésiam”. Quella parola “unam” è diventata forse “tante”, “diverse”, “a scelta”? Domanda che resterà senza risposta. È invece del tutto inutile chiedergli cosa ne pensa di Leone X e di Pio XI e di secoli di insegnamento della Chiesa sull’eresia, ripeto eresia, luterana. È una domanda inutile perché la risposta è già nei fatti, nell’omaggio che oggi Scola andrà a fare.
Scola ha il diritto di fare ciò che vuole, i fedeli hanno il diritto di salvare la propria anima e di non seguire questi pastori sciagurati. Da oggi e fino al 25 si moltiplicheranno gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù. Dobbiamo pregare in riparazione, ma anche tenerci ben lontani da queste sciagurate “cerimonie”. Il tradimento non si giustifica con un presunto dovere di “obbedienza” verso chi sta palesemente tradendo. La prima obbedienza è dovuta alla Verità.
E qui si potrebbe chiudere. Ma ho un peso sullo stomaco e chiedo scusa ai lettori se li intrattengo ancora un attimo con una faccenda personale. Eccola:
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Una faccenda personale. Due righe ad Angelo Scola
Eminenza, sono un fedele milanese, un povero peccatore come tanti altri, ma come tanti altri amo la Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo e ora mi sento definitivamente tradito. Per due ragioni: una attuale e l’altra di tanti anni fa.
La ragione attuale
La ragione attuale del tradimento è fin troppo chiara. Non pago di avere invocato moschee per i musulmani, ora lei va a rendere omaggio agli eretici. Lo scorso anno lei salutò con gioia il cambiamento del nome della vecchia e gloriosa “Via dell’Arcivescovado” in “Via Card. Carlo Maria Martini”. Tutto ha una sua trista coerenza. Omaggiamo il “teologo” del dubbio permanente, diamo spazio a chi ci vuole distruggere e ora, dulcis in fundo, andiamo a omaggiare gli eretici. Il tutto, nella diocesi che fu di Sant’Ambrogio.
Mi pare che ce ne sia a sufficienza per sentirmi tradito. Come fedele avrei il diritto ad avere un vescovo che fosse per me guida sicura. Per me e per tutti i fedeli della diocesi, che sono cinque milioni. Sono un fedele che non ha nel suo vescovo una guida e quindi mi sento tradito.
La ragione che risale a tanti anni fa
Tanti anni fa, oltre cinquanta (più di mezzo secolo!) io ero soltanto Paolo Deotto e lei era soltanto Angelo Scola. Io ero uno sbarbato quattordicenne che si affacciava alla vecchia “Gioventù Studentesca” di don Luigi Giussani, lei era uno dei “grandi”, un universitario che entrava in seminario. Lei era già da anni una delle figure in vista di Gioventù Studentesca. Io sono rimasto Paolo Deotto, con tanti anni e rughe in più, lei è diventato prete, vescovo, cardinale. Lei (e a quei tempi ci davamo del tu) era uno di quei personaggi a cui noi sbarbati guardavamo con riverenza, come a un esempio. Un uomo di fede che aveva da insegnarci qualcosa, che faceva una scelta radicale per Dio, che diventava prete. Come altri amici di quei tempi. Solo per fare qualche nome: Pigi Bernareggi, Luigi Negri e pochi anni dopo Massimo Camisasca.
Anni e anni dopo lei è diventato il mio vescovo. L’uomo che dovrebbe essermi maestro sulla strada della Fede.
E io mi sento due volte tradito perché la mia dolce giovinezza riposava anche in lei, anche nei “grandi” come lei. Non si deve tradire la giovinezza, Eminenza, quella stagione meravigliosa in cui Dio ci dona il vigore e il desiderio di capire e di vivere una vita buona e bella. Davvero, questa non doveva farmela. Io pregherò di certo per lei, ma prima mi lasci il tempo di assorbire tutta l’amarezza che lei mi ha dato.

http://www.riscossacristiana.it/milano-kaputt-cronache-dellennesimo-tradimento-di-paolo-deotto/

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